Il sole 24 Ore, 10/01/1999
Artù, fantasma dal sangue blu
Un saggio storico e un poema sullo sfuggente re di Camelot
Claudia Gualdana
C'è la storia, testimoniata da fatti e documenti. E c'è la leggenda; essa insegue e trasfigura la realtà, come se fosse un suo doppio dai contorni sfumati. Nella memoria collettiva, persistono eroi mitici: re Artù è un vivido esempio di questa nobile schiatta. Dopo i semidei del mondo classico, circonfusi da un'aura olimpica di eternità, nel Medioevo sorse questo nuovo astro. Il re di Camelot, in compagnia dei cavalieri della Tavola Rotonda, trionfa nella letteratura medioevale, che ancora oggi suggestiona i lettori. É sufficiente ricordare il capolavoro di Goffredo di Monmouth, Historia Regum Britanniae, completato nel 1136. Per non parlare di Chrétien de Troyes che, tra il 1160 e il 1180, con il Lancelot e il Perceval, scolpì i tratti definitivi al ciclo arturiano. O ancora di Wolfram Von Eschenbach, che tra il 1200 e il 1210 compose il Parzival, un'opera di alto valore letterario, gravida di conseguenze per la cultura tedesca moderna. Artù è il valoroso per eccellenza. Punto di contatto di valori cristiani, nordici e classici, egli è l'emblema dell'onore, della virtù, del codice cavalleresco. É equanime, invincibile, solare: rappresenta il monarca perfetto. Ma nella storia Artù è un fantasma. Mito dalle singolari implicazioni documentarie, egli da secoli sfugge alle indagini. Negli ultimi anni, l'industria editoriale ha sfruttato la rediviva popolarità del ciclo arturiano, sorta di nostalgia per le origini della civiltà europea. Il fascino esercitato dalla Cerca del Graal, da Merlino, Lancillotto e re Artù ha aperto la strada a nuove pubblicazioni, che talvolta hanno contribuito ad aumentare la già consistente confusione. Eppure non mancano i ricercatori, impegnati a trovare il bandolo della matassa in una materia assai intricata. Tra i più autorevoli figura Geoffrey Ashe, che ha identificato il re di Camelot con Rhiothamus, sovrano britannico vissuto nel V secolo, erede del potere romano che contrastò l'avanzata barbara dei visigoti. Nel 1985, A. Wilson e B. Blackett lo individuano in Arthwyr ap Meurig, re di Glamorgan e Gwen, vissuto tra il 503 e il 579. Ora esce da Piemme Alla ricerca di re Artù, di Chris Barber e David Pykitt, due eccentrici inglesi che hanno dedicato un ventennio alla cerca del mitico monarca. Il lavoro, in effetti, ha qualcosa di titanico, nel suo addentrarsi in un ambito che si perde nella scarsità documentaria dell'alto Medioevo. Ma è anche un testo utile, che accompagna il profano nella Gran Bretagna degli albori storici, dove si aggiravano i romani, che dominarono l'isola per quasi quattro secoli. La tesi degli autori, che in parte si rifà a quella di Blackett e Wilson, è accettabile. Scandagliando documenti e indizi, essi giungono a identificare Artù nel re dei Siluri del Galles meridionale, comunità ricostituita dopo la scomparsa dell'antica repubblica romana. Sui territori di Glamorgan, Erging e Gwent, Arthwys, figlio di Meurig, nel VI secolo creò l'impero dei Siluri. Camelot è in realtà Caer Melin, oggi nota come Llanmelin, antica roccaforte dei Siluri posta a nord di Caerwent. La leggendaria Avalon, invece, è l'isola di Bardsey. Situata al largo della penisola di Lleyn, essa è considerata , ma fu anche la sede di un importante monastero. Barber e Pykitt analizzano l'Historia Brittonum di Nennio punto per punto, localizzando le sedi delle dodici battaglie sostenute da Artù. Instancabili, propongono una versione dei fatti forse discutibile. Ma questo, in fondo, è un aspetto secondario. Probabilmente, il re fu un personaggio storico, trasfigurato in un mito grandioso. Ma quel che conta, è che Artù, nel Medioevo, fu un simbolo. E i simboli, come sappiamo, non hanno bisogno di documenti per dimostrare che trascendono la storia. D'altronde, se purtroppo abbiamo perso le sue tracce, non ci manca di che consolarci, in particolare a livello letterario. Per esempio, nella collana Biblioteca Medioevale, diretta da M. Mancini, L. Milione e F. Zambon per Luni editrice, è appena stato pubblicato Le gesta di Artù di Lazamon, per la cura di Gloria C. Mercatanti. Si tratta della sezione arturiana Artù> del Brut, poema composto probabilmente al calare del XII secolo. Sospeso tra modello francese e inglese, tra civiltà cattoliche e mitologia celtica, il testo è un capolavoro di letteratura medioevale. La leggenda si è fatta arte, e come tale non potrà tramontare. Artù, almeno da un punto di vista letterario, è senza dubbio un personaggio storico.
Chris Barber e David Pykitt, Artù. Un'indagine storica svela il mistero del re di Camelot, edizioni Piemme, Casale Monferrato (Al) 1998, pagg. 396, L. 38.000;
Lazamon, Le gesta di Artù, a cura di Gloria Corsi Mercatanti, Luni editrice, Milano 1998, pagg. 414, L. 26.000.